Manituana di Wu Ming: l'alba della rivoluzione americana

Recensione e intervista apparse sulla rivista Pagina Tre dell'associazione Liber Liber


[Ermanno Lolli e Giuseppe D’Emilio recensiscono il romanzo Manituana di Wu Ming, edito nel 2007 da Einaudi. Segue un’intervista all’autore collettivo.]

Un lettore forte finisce spesso per constatare nel mondo della narrativa la presenza di tendenze tra le più eterogenee; in alcune situazioni è però ravvisabile una decisa determinazione da parte dell’autore a realizzare pagine dense di fatti, di cose, di materia che pesa, nell’indifferenza, a volte dannosa, per lo “stile”; in altre si palesa una decisa sovraesposizione della parola, che talvolta può causare una sensazione di inutile avvitamento della pagina su se stessa, buona sì e no per produrre fugaci, forzati e grossolani rapimenti estatico-estetici.

Manituana, l’ultima fatica del collettivo di scrittori Wu Ming, mette di nuovo i lettori di fronte ad un’operazione che ha saputo coniugare nel migliore dei modi il nitore e l’assoluta pulizia del linguaggio con la volontà del collettivo di scendere ad esplorare la parte più riposta e pulsante delle vicende narrate: in una rappresentazione stratigrafica del pianeta, la narrazione dei WM si sposta sempre dalla superficie (la storia) verso il nucleo magmatico della Terra (l’esperienza umana).

Dopo le vicende del movimento anabattista, nel romanzo Q, e quelle che ruotano attorno ad un anno, in 54, questa volta l’attenzione degli autori si è concentrata su uno degli snodi fondamentali della storia moderna, quello della Rivoluzione americana. Già le prime pagine del romanzo producono uno spiazzamento nel lettore: contro ogni banalità prospettica, la focalizzazione prevalente della storia risulta infatti interna alle tribù degli Indiani Irochesi, fedeli amici della Corona inglese, e dunque profondamente ostili al movimento rivoluzionario di cui impietosamente scopriamo anche la natura e le spinte meno ideali e meno considerate dalla storia ufficiale; in quella discesa verso il magma delle vicende umane, scopriamo dunque, attraverso questa chiave di lettura che ribalta certe prospettive storico-ideologiche, che la presenza dei “bianchi” nella zona dei Grandi Laghi ha prodotto comunque un originale esperimento di integrazione sociale, linguistica e culturale, e che chi combatte per la “libertà” è a volte mosso in realtà da una bramosia di conquista e possesso che scopriamo avere le sue radici anche molto lontano: in certi circoli di Londra in cui si concentrano gli interessi legati ad una concezione già liberista e capitalista dell’economia mondiale.

Già in 54 avevamo affrontato una narrazione dinamicissima, causa il frequente spostamento della scena da un luogo all’altro, e anche la geografia di Manituana ci propone tale varietà di sfondi (dal nuovo al vecchio mondo); ma ciò che più fa presa nel lettore è l’attenzione per la geografia dell’interiorità e dei comportamenti umani, rappresentati in tutta la loro varietà e con tutti i loro penosi limiti, grazie ad uno sguardo distante da ogni forma di condizionamento ideologico: anche gli Indiani, la cui immagine coincide nella nostra mente con il ruolo di vittime della storia, ci vengono rappresentati divisi, pronti al tradimento o all’inazione, schiavi dell’arma più distruttiva ed efficace prodotta dai bianchi: il rum.

Tutti eroi, ma nessun eroe in questo straordinario romanzo.

Si ricorda che il romanzo, come tutte le opere di Wu Ming, è copyleft.

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Altri scrittori collettivi, Paolo Agaraff e Kai Zen, hanno raccontato a Pagina Tre il loro modo di scrivere in gruppo… Come si è evoluto nel tempo (ammesso che lo sia) il vostro modo di lavorare collettivamente?

Per certi aspetti il metodo cambia ad ogni romanzo, per altri è sempre lo stesso. Partiamo da un’idea e ce la rimpalliamo per giorni. Se lievita, continuiamo a impastare, se si disfa, buttiamo tutto. Buttiamo giù un intreccio di massima - con un profilo dei protagonisti: lo perfezioniamo e quando ci soddisfa ne prendiamo un pezzo e lo analizziamo nel dettaglio. Scena per scena, capitolo per capitolo, decidiamo cosa deve succedere, che motivazioni hanno i personaggi, come bisognerebbe raccontare il tutto. Assegniamo i compiti e ognuno scrive per conto suo. Quando ha finito, spedisce agli altri, che leggono, commentano, riscrivono parti, provano alternative. Quando ci ritroviamo, leggiamo i capitoli ad alta voce, comprese le eventuali modifiche proposte da ciascuno. A volte si riesce da subito a montare un nuovo capitolo, altre la stesura è buona così com’è, altre ancora si deve rifare tutto. Fondamentale è la lettura ad alta voce, specie nelle ultime revisioni, quando ormai si ha in mano l’intero lavoro.
La lettura ad alta voce non perdona: se un passaggio è noioso, annoia, se un dialogo non funziona, no lo si può saltare e la lingua incespica.
Gli aspetti più variabili, invece, riguardano il rapporto tra scrittura e documentazione. Sempre di più, grazie alla Rete, il lavoro di ricerca è permanente e corre parallelo alla stesura dei capitoli. Non riusciamo più a suddividere la fase di studio da quella “creativa”.

Pagina Tre è un’iniziativa dell’associazione culturale Liber Liber, la prima, in Italia, a occuparsi di ebook da distribuire gratuitamente in Rete. Siete molto attivi su Internet, non solo per quanto riguarda i vostri siti, ma anche per quanto concerne gli interventi nei blog letterari…

In realtà uno solo di noi, WM1, ci si è messo per qualche tempo, rispondendo a dubbi, lasciando commenti, ma è una fase già terminata, che volgeva già al termine nel 2006. La cosiddetta “blogosfera letteraria” non si è dimostrata un’alternativa alla mefitica “società letteraria”. In poco tempo, si è rivelata un’emulazione, una falsariga di quest’ultima: stesse invidie e rivalità, stesse pesantezze, stesso desiderio di gerarchie basate su rigidi processi di legittimazione, stessa voglia di fare consorteria, stesso sgomitare per apparire. Con pochissime eccezioni. E’ una roba già mezza morta, schiacciata dal proprio trasmutarsi da soffio di vento ad incudine.

Conoscete il progetto vibrisselibri, del quale in Pagina Tre riferiamo spesso le attività? È “debitore”, per certi versi, del progetto iQuindici, da voi ideato…

Non proprio da noi: da alcuni nostri lettori, che hanno saputo costruire qualcosa aggirando un nostro limite. Noi non eravamo in grado di leggere tutti gli inediti che ci venivano spediti, lo abbiamo fatto presente sul nostro bollettino Giap, alcuni iscritti sono venuti in soccorso e hanno messo in piedi un “comitato di lettori di prova” per scrittori pieni di dubbi. In questo, iQuindici sono molto diversi da vibrisselibri, che opera invece come una casa editrice su web e come agenzia di rappresentanza che propone a editori su carta i testi già usciti su web.

Parlateci del vostro sito, del sito dell’ultimo romanzo, della vostra newsletter…

Il nostro sito è un biglietto da visita - perché illustra le diverse produzioni e attività di Wu Ming; è un archivio aperto - perché raccoglie in maniera ordinata e copyleft tutti i materiali che in qualche modo ci riguardano; è una piazza, perché è aperto al contributo degli utenti, allo scambio, ai progetti partecipati, al plagio, alla discussione.
La newsletter Giap è ormai una piccola rivista aperiodica, ricevuta da circa 10.000 iscritti, una specie di portfolio con tante istantanee di Wu Ming, prese in un certo intervallo di tempo .
Manituana.com è ancora un sito promozionale - del nostro ultimo romanzo e del trittico di cui farà parte - la mappa incompleta di un universo narrativo in espansione; la cantina dove discutere intorno al romanzo insieme agli autori; la cassetta degli attrezzi per contribuire alla costruzione di un mondo; il porto da cui salpare per esplorarlo.

Come considerate l’attuale panorama editoriale italiano?

Sappiamo bene, e lo vediamo tutti i giorni, che vanno di moda le lamentazioni, le giaculatorie, lo stracciarsi le vesti, la nostalgia per quando c’erano Calvino e Pasolini (o per quando c’era Tondelli), l’atteggiamento snobistico nei confronti di quel che si pubblica oggi… Noi invece troviamo che esca un sacco di materiale buono, con sporadiche ma ispiranti punte di eccellenza. Il problema (che poi, boh, forse non è nemmeno un grosso problema) è che la critica non legge quello che si pubblica. Legge solo pochissimi titoli, il più delle volte prodotti dentro la cricca di riferimento, e liquida ciò che sta fuori come merda o spazzatura o marchette, senza darsi la pena di conoscere, figurarsi di approfondire.
A pensarci bene, comunque, no, non è un problema. I critici miopi passano, i buoni libri (e i lettori appagati) restano. Chi se li ricorda più gli stroncatori di Pasolini che scrivevano su rivistacce come Specchio? Nessuno. Come nessuno si ricorderà dei loro emuli d’oggi.

Come avete impostato il lavoro di - immaginiamo imponente - documentazione di Manituana?

Questa è una di quelle domande a cui è difficile rispondere. Quando interiorizzi qualcosa e farlo ti sembra parte della tua natura, è difficile descriverlo come processo diviso in fasi, o come metodo riducibile a regole. E’ come spiegare a qualcuno come si fa a respirare. Possiamo dirti che abbiamo usato moltissimo la rete, una vera e propria estensione delle nostre sinapsi. Abbiamo cercato e batutto ogni possibile pista che ci portasse a Manituana. Abbiamo usato la rete per trovare i libri, e i libri per tornare alla rete con sempre più punti fermi. Abbiamo setacciato gli archivi on line. Ci siamo immersi nei siti dei “reenactors” (quelli che si mettono in costume d’epoca e riallestiscono battaglie storiche). Abbiamo preso contatti con persone che potessero darci “dritte” e informazioni utili. E abbiamo letto, letto, letto, e abbiamo discusso, discusso, discusso, e abbiamo sognato, sognato, sognato a occhi aperti.

Scusate, ma chi siete?

Figli di gente che ha lavorato e lavora sodo. Nei campi, in fabbrica, all’ENEL, nella scuola. E quindi lavoriamo sodo pure noi.

Progetti?

Manituana è il primo episodio di un trittico atlantico. Stiamo già scrivendo il libro successivo.

25.09.07 · in recensioni

Manituana di Wu Ming: l
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